DIGRESSIONI GEOMETRICHE OVVERO SPAZIALITA’ DELL’INCONSCIO
Il timore di penetrare il nostro inconscio, di svelarlo e di conoscere ciò che percepiamo e sentiamo aldilà delle schermature quotidiane ci porta spesso ad ignorare la possibilità che l’”homo consumens” ha per affrontare e risolvere i disagi e le ansie d’una vita che si sviluppa in una società che impone anche i consumi delle emozioni, spesso ossessivi, limitando lo spazio indispensabile e necessario per riscoprire quel linguaggio autentico, seppur silenzioso, proprio dell’intelligenza emozionale e dell’inconscio.
Il disegno o la pittura divengono simboli che possono raccontare o svelare questo linguaggio muto; è sufficiente imparare ad interpretare questi codici che noi stessi produciamo, anche se si presentano in forma analogica, ma non per questo meno reale, per scoprire il nostro autentico ruolo verso noi stessi e verso il mondo che ci circonda.
Le digressioni geometriche, deviazioni dal tema principale del discorso, si propongono di creare un clima d’attesa per approfondire il quadro storico in cui l’azione è collocata e d’introdurre quella riflessione che poi ci condurrà all’interpretazione del linguaggio inconscio e quindi alla conoscenza dell’ Io profondo.
Ci sono persone che prediligono le forme geometriche per il prevalere della parte razionale della loro mente. In neurofisiologia si attribuisce questa predilezione ad una maggiore prevalenza dell’emisfero cerebrale sinistro, per cui la riproduzione di cubi, cerchi, quadrati e di altre forme geometriche oltre ad una prima lettura ove emerge l’esigenza di riorganizzare l’esistenza, di trovare il perché ed esprimere certezze sul piano logico, ci offre la possibilità di leggere in modo più approfondito, quindi scavare nell’inconscio, queste rappresentazioni nutrite da segni e cromatismi che ci rappresentano profondamente.
La scienza grafologica offre un prezioso contributo interpretativo ai segni ed alle figure geometriche, dal cerchio che è il simbolo della femminilità e dell’accoglienza, quindi della disponibilità alla socializzazione, al cono che pur accogliendo il cerchio ma terminando con una punta denota conflittualità ed aggressività nelle relazioni sociali pur predisponendosi positivamente per cui si riflette il disagio esistenziale tra disponibilità al dialogo e paura degli interlocutori, al cubo che denota chiusura ermetica del sé, quasi una schermatura col mondo circostante; risulta estremamente interessante come la grafologia possa svelarci, analizzando le infinite forme che possiamo dare al nostro segno geometrico, ciò che il nostro inconscio vive nel momento in cui si produce la rappresentazione, aldilà di tutte le sovrastrutture culturali che dominano e determinano le nostre certezze o quelle posizioni che riteniamo tali.
Le costruzioni spaziali ove intervengono una molteplicità di figure ed altri elementi costitutivi del quadro d’assieme, quali i cromatismi, offrono all’indagine conoscitiva quel contributo che i colori rappresentano con il loro fondamentale linguaggio simbolico.
Le digressioni geometriche rappresentano l’uomo e le società occidentali trasformati in sistemi chiusi come prodotto della cultura ipertecnologico-scientifica che ha sostituito il concetto del Trascendente che per secoli ha asservito l’Umanità, con la tecnica della quale l’Uomo non può più fare a meno a tal punto che si è schierato progressivamente al suo servizio.
Bacone affermava “Scientia est potentia” ed oggi il potere risiede nella competenza che è la qualità essenziale perché si possa parlare di scienza e conseguentemente di applicazione tecnica che è diventato il nostro ambiente ove ci racchiudiamo per godere della sua efficienza e funzionalità fino a produrre deliri di onnipotenza che hanno messo a rischio la nostra stessa esistenza assieme alla nostra madre Terra.
Sistemi chiusi, autoreferenziali, costretti a coesistere e relazionare con altri sistemi, tutti privatisi dell’empatia a favore dell’acquisto di potere finalizzato al proprio sistema prevalentemente mimetizzato nella speculazione dialettica di valori che appartengono alla storia dell’uomo e non più riferimento comportamentale.
Valori come l’affettività, la tenerezza, la coesione della microcellula ovvero del nucleo familiare, la disponibilità al sociale, ancora sono presenti anche se in corso di graduale ma costante trasformazione in quanto inseriti nel grande palcoscenico mediatico ove le retoriche antiche sono sostituite da copioni della rappresentazione teatrale che si sta impadronendo di noi, soffocando la nostra spontaneità ed imponendo modelli di identificazione standardizzanti per sostituire quelle certezze nutrimento di un Io sempre più declassato a prodotto predabile.
Ma anche disvalori come l’aggressività in sostituzione del dialogo, la spersonalizzazione progressiva che produce ingigantimento dell’egocentrismo, il timore crescente del giudizio senza volto ma pressante come conseguenza della diminuente fiducia in se stessi, i silenzi come piattaforma del dialogo, la nevrotica ricerca di felicità effimera, analgesico dell’ansia crescente, sono presenti e si affacciano minacciosi sul futuro dell’Uomo.
Una prigione impercepibile ma percepita, senza spazio e tempo, soffocante come un gas nervino, sta fagocitando una specie vivente che ha sostituito la perdita degli istinti con la presunzione delle sovrastrutture culturali.
L’evoluzione dell’uomo ha attraversato tante ere, oggi viviamo nell’era della depressione, della dissociazione mentale, della disidentità………..Come sarà il domani!