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DIGITALART

L’uomo ha avuto paura del computer ( Hal – Odissea nello spazio) ed ancora oggi molti lo temono.
Naturalmente ciò non accade. Si ha paura delle macchine intelligenti perché si crede siano uguali agli uomini.
Il nostro cervello è esposto al mondo e, in conseguenza, costruisce un modello del mondo e una serie di convincimenti comuni a tutti gli uomini. Abbiamo quasi tutti la stessa idea del mondo percepito e delle abitudini quotidiane. Solo nell’astrazione le percezioni cambiano e con esse i convincimenti. Per la creatività, prevalentemente, utilizziamo le informazioni di cui disponiamo che affollano il serbatoio della memoria razionale limitando l’accesso all’archivio inconscio il cui rapporto di informazioni con l’area razionale è di 1 a 1.000.000.
Le informazioni passano dagli strati inferiori della corteccia cerebrale a quelli superiori che ne elabora una parte e la trasforma e nel loro passaggio da neurone a neurone attraverso le connessioni, subiscono nuove trasformazioni; alla fine sono cambiate ma soprattutto sono passate dal mondo esterno a quello interno. La nostra capacità di memorizzare in modo razionale gli stimoli che ci provengono dall’ambiente che ci circonda è assai ridotta rispetto alla capacità inconscia di trattenerli ed elaborarli.
Questo fa si che nelle arti figurative siamo portati a rappresentare ed utilizzare unicamente ciò che abbiamo memorizzato razionalmente e che appartiene al mondo esterno; anche il surreale e la metafisica sono rimaste condizionate da questi processi pur non escludendo alcune percezioni inconsce. L’astrattismo e l’informale sono le correnti che più delle altre effettuano tentativi di accedere all’inconscio.
Ci ricordano le macchie del test di Rorschach che in apparenza non hanno alcun significato ma attraverso le risposte del paziente ci rivelano la sua particolare visione del mondo.
Solo con l’ausilio del computer si facilita l’accesso all’archivio dell’inconscio, ovviamente se la nostra volontà e curiosità andrà in tale direzione, sollecitata da stimoli segnici e cromatici inattesi ma ripetibili ed elaborabili, si accede a nuovi percorsi per generare elaborati estranei alla memoria razionale ed oltrepassare quei confini apparentemente insuperabili.
L’arte si è sempre avvalsa di strumenti disponibili all’artista ed oggi, con il computer, una nuova dimensione si apre all’esplorazione artistica….il grande viaggio nell’archivio inconscio.
E’ sufficiente la scelta di rappresentazioni creabili o selezionabili usando programmi disponibili per uscire dalle memorie razionali ed accedere al grande serbatoio inconscio. A quel punto, prodotto lo stimolo, inizierà un viaggio nella creatività che, a differenza della rappresentazione razionale che si conclude con la produzione dell’immagine prevista e quindi con l’opera stessa, rimarrà aperta all’infinito sollecitata da inesauribili stimoli e curiosità. Sarà l’artista in armonia con la sua riflessione artistica ad interrompere questo viaggio salvando il file o a riprenderlo verso nuovi orizzonti nascosti nel suo inconscio.
Il limite delle rappresentazioni evocate dal razionale viene superato e la storia dell’Arte penetrerà il mondo inconscio offrendo agli psicanalisti nuovi stimoli di ricerca.
Che si parli sempre più di Digital Art è auspicabile ed inevitabile se la produzione artistica corrisponde allo spirito dei tempi in cui si formano ed uniformano gli artisti. L’artista sa interpretare questo spirito dei tempi e lasciarne ai posteri una testimonianza certa attraverso le sue opere.
Intorno alla metà del XIX secolo, apparve un marchingegno (dagherrotipo) che riusciva ad impressionare lastre empiricamente preparate riproducendo immagini che l’operatore voleva catturare. Quel dagherrotipo, oggi evolutosi in fotocamera digitale, ha segnato prepotentemente gran parte dell’arte della fine del XIX secolo ed ancora più marcatamente del XX secolo.
Cento anni dopo, l’uomo inventa l’elaborazione informatica assistito da uno strumento che assomiglia molto al cervello umano con le uniche differenze che non gode della capacità intuitiva e creativa ma a suo vantaggio non vive crisi mnemoniche e soprattutto mantiene inalterate le sue capacità di calcolo e d’elaborazione in tempi impensabili per l’essere umano.
Verso la fine del XX secolo la diffusione di questo strumento e dei software di utilizzo diviene sempre più importante e di utilità per l’uomo contemporaneo.
Perché gli artisti non possono avvalersi di questi strumenti per produrre arte? E’ forse rinnegata tutta l’Arte condizionata dallo strumento fotografico? Per quale motivo, oggi, si discute ancora se la produzione digitale sia da considerarsi Arte o meno piuttosto che sforzarsi di capire quali siano i limiti che l’artista deve porsi alla seduzione ed alla dominanza dello strumento? 
Non è il media digitale che produce arte, ma è l’anima di chi si avvale del media digitale che fa o non fa arte. Come nella fotografia, è indubbio che la maggior parte delle fotografie non abbiano valenze artistiche, ma solo quelle di chi ha l’anima dell’artista potrà varcare la soglia del riconoscimento artistico. 
Non ci si inventa artisti digitali solo perché si ha la capacità e la cultura dell’uso dei software, ma soltanto se vivi la fuga nell’immaginazione supportato dalla conoscenza tecnica degli strumenti tradizionali e da quella sensibilità che crea l’anima universale che trasparirà, poi, incancellabile. 
Ben venga il media elettronico, ben venga il suo uso sempre più a supporto della creatività, ma non facciamoci ingannare se non riusciamo a dominarlo cioè a condizionarlo al nostro dominio creativo. Il messaggio che vogliamo veicolare attraverso la rappresentazione deve essere sempre inalterato nell’artista, come tale deve restare la sua universalità di lettura. Il media elettronico deve essere usato come si usano le matite, i colori e le tele su cui si plasma il pensiero dell’artista, quindi un ulteriore strumento per scrivere il suo pensiero.
Bisogna vincere la tentacolare seduzione che l’esplorazione di sentieri imprevisti ed imprevedibili sa esercitare sull’utilizzatore del media elettronico. Alla fine o durante le percorrenze di questi sentieri, non si incontra o si inventa l’arte. La capacità di produrre contenuti artistici è e rimane all’interno dell’Artista indipendentemente dall’uso degli strumenti che ritiene d’usare.
L’arte, recita il nostro dizionario, è la capacità, in senso lato, di agire e di produrre, basandosi su un particolare complesso sistema di regole e di esperienze conoscitive e tecniche e quindi anche l’insieme delle regole e dei procedimenti per svolgere un’attività umana in vista di determinati risultati.
Dopo la seconda guerra mondiale inizia a verificarsi un cambiamento che progressivamente si è sempre più determinato: lo spostamento del paradigma meccanico a quello elettronico. L’affermazione del mondo virtuale, diviene un sistema generatore di nuovi modelli nelle infinite possibilità di punti di vista differenti. Raggiunta l’integrazione ideologica tra l’uomo e la macchina, il computer diviene un partner ideale per la risoluzione di situazioni e problemi complessi. Diviene un alter ego intellettuale per la strutturazione e la rappresentazione di infinite configurazioni. Questa integrazione si afferma e si riscontra prevalentemente in architettura. Verso la fine del XX secolo, anche l’arte si apre a nuovi orizzonti.
L’arte è rappresentazione in tutte le sue variabili forme. Ogni rappresentazione della creatività umana, se obbedisce al complesso sistema di regole e tecniche di cui dispone, diventa arte, ma non assume un valore assoluto in quanto condizionata dai parametri di mercato che dal baratto in poi impongono scale di valori, mai autentici, ma sempre condizionati alle logiche della domanda e dell’offerta. 
Personalmente ritengo che il risultato finale della Digital Art, cioè il file salvato ed archiviato, sia da sottrarre alle logiche della domanda e dell’offerta che investe le opere uniche, causa la sua infinita riproducibilità, a meno che non si voglia reintervenire sullo stesso file più volte per rivestirlo del concetto d’unicità, ma è solo una strategia mercantile. Questo file, a mio parere, dovrà essere o precluso alle logiche del mercato per intervenire, quando sarà, nella storia dell’Arte o posizionarsi nelle relazioni tra domanda ed offerta con la riproducibilità peculiare alle opere multiple, quindi tiratura limitata, archivio certo e firma autografa dell’artista.
Ai posteri la selezione e l’ardua sentenza! 

Ogni opera della Digital Art viene realizzata in retro pittura con aerografo digitale su plexyglass trasparente di  8 mm. nei formati più opportuni, presentandosi come i dipinti impalpabili. Alcune di esse, sempre in retro pittura, utilizzano il pvc da mm. 0,5  per creare anche quadri retroilluminati.

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